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VOCI IN VETRINA

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La voce di Billie Holiday è protagonista della rubrica "BIG VOICE PODCAST", in cui VOCI.fm racconta i grandi miti della musica dal punto di vista della "voce", della sua evoluzione e delle sue peculiarità. Un appuntamento in onda anche su VOCI.fm RADIO in "BIG VOICE COMPILATION". Buon ascolto.

Lettura podcast a cura di Beatrice Luzzi



C'è un nome che, a distanza di anni, fa ancora battere il cuore di chi ama la musica jazz e blues, quella vera: Billie Holiday. Nata a Filadelfia nel 1915, trascorre un'infanzia dura e segnata dagli abusi, da cui riesce a riscattarsi a soli quindici anni, proprio grazie al canto. Il suo talento viene notato dal produttore John Hammond e dal famoso clarinettista Benny Goodman, che avvicinano Billie Holiday agli studi di registrazione

Grazie alla collaborazione col pianista Teddy Wilson, incontra per la prima volta il grande pubblico: seguono anni di esibizioni di successo, nonostante le dure discriminazioni razziali a cui è sottoposta: resta celebre la sua interpretazione del brano “Strange Fruit”, che parla dei linciaggi subiti dalle comunità di colore all'epoca; un gesto coraggioso e potente, che attirò su di lei l'odio di Harry Anslinger, agente FBN che la tormentò per il resto della vita. “Strange Fruit” è stato un punto di svolta nella carriera di Billie Holiday, ma è anche un brano che riassume perfettamente l'anima del suo canto. Non aveva un grande range vocale – a malapena un'ottava e mezza – ma il suo timbro particolare, nasale, e il suo modo di sfruttarlo, l'hanno resa chi era. È interessante notare l'influenza di Louis Armstrong nello stile di Billie Holiday: Louis aveva un modo di cantare “trascinato”, appena fuori tempo, e Billie l'ha esasperato sempre di più, cantando in ritardo rispetto al ritmo della band in molte esibizioni; e tuttavia all'ascolto, anche attento, non si ha mai la sensazione di un errore. Ogni brano funziona benissimo così.



Un altro elemento caratterizzante della voce di Billie Holiday era il suo yodel, che otteneva alternando tra voce di testa e voce di petto e mescolando a un'articolazione staccata delle parole, focalizzandosi sulle consonanti e sulla pronuncia in maniera ritmica. E tuttavia, se dovessimo descrivere la voce di Billie Holiday con una parola, dovremmo scegliere questa: dolore. Il dolore per la propria infanzia perduta, per gli amori sbagliati, per il peso di essere una donna nera davanti a un pubblico bianco: un dolore viscerale, che non le spezzava la voce ma la faceva volare, rendendola immortale. Anche quando le hanno tagliato le sue scomode ali. Billie Holiday ci ha lasciati nel 1959 a soli 44 anni, ma l'eredità morale della sua arte non verrà mai dimenticata. 

Articolo realizzato da Francesca Pellegrini
 


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La voce di Billie Holiday su VOCI.fm

La voce di Billie Holiday è protagonista della rubrica "BIG VOICE PODCAST", in cui VOCI.fm racconta i grandi miti della musica dal punto di vista della "voce", della sua evoluzione e delle sue peculiarità. Un appuntamento in onda anche su VOCI.fm RADIO in "BIG VOICE COMPILATION". Buon ascolto.

Lettura podcast a cura di Beatrice Luzzi



C'è un nome che, a distanza di anni, fa ancora battere il cuore di chi ama la musica jazz e blues, quella vera: Billie Holiday. Nata a Filadelfia nel 1915, trascorre un'infanzia dura e segnata dagli abusi, da cui riesce a riscattarsi a soli quindici anni, proprio grazie al canto. Il suo talento viene notato dal produttore John Hammond e dal famoso clarinettista Benny Goodman, che avvicinano Billie Holiday agli studi di registrazione

Grazie alla collaborazione col pianista Teddy Wilson, incontra per la prima volta il grande pubblico: seguono anni di esibizioni di successo, nonostante le dure discriminazioni razziali a cui è sottoposta: resta celebre la sua interpretazione del brano “Strange Fruit”, che parla dei linciaggi subiti dalle comunità di colore all'epoca; un gesto coraggioso e potente, che attirò su di lei l'odio di Harry Anslinger, agente FBN che la tormentò per il resto della vita. “Strange Fruit” è stato un punto di svolta nella carriera di Billie Holiday, ma è anche un brano che riassume perfettamente l'anima del suo canto. Non aveva un grande range vocale – a malapena un'ottava e mezza – ma il suo timbro particolare, nasale, e il suo modo di sfruttarlo, l'hanno resa chi era. È interessante notare l'influenza di Louis Armstrong nello stile di Billie Holiday: Louis aveva un modo di cantare “trascinato”, appena fuori tempo, e Billie l'ha esasperato sempre di più, cantando in ritardo rispetto al ritmo della band in molte esibizioni; e tuttavia all'ascolto, anche attento, non si ha mai la sensazione di un errore. Ogni brano funziona benissimo così.



Un altro elemento caratterizzante della voce di Billie Holiday era il suo yodel, che otteneva alternando tra voce di testa e voce di petto e mescolando a un'articolazione staccata delle parole, focalizzandosi sulle consonanti e sulla pronuncia in maniera ritmica. E tuttavia, se dovessimo descrivere la voce di Billie Holiday con una parola, dovremmo scegliere questa: dolore. Il dolore per la propria infanzia perduta, per gli amori sbagliati, per il peso di essere una donna nera davanti a un pubblico bianco: un dolore viscerale, che non le spezzava la voce ma la faceva volare, rendendola immortale. Anche quando le hanno tagliato le sue scomode ali. Billie Holiday ci ha lasciati nel 1959 a soli 44 anni, ma l'eredità morale della sua arte non verrà mai dimenticata. 

Articolo realizzato da Francesca Pellegrini
 


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